Una vita di terapie / Therapy lifetime

dolori nello sport

Sto scrivendo questo post a nome di una intera generazione di giovani-vecchi. Sono quelli che fanno sport e hanno più dolori di una nonnina  con la periartrite.
Professionisti o amatori, neofiti o atleti consumati, uomini o donne, stacanovisti dello sport o semplicemente amanti del benessere, non ne troverete uno che non abbia mai raccontato/lamentato/scritto di uno dei seguenti acciacchi:

– Acido lattico (volgarmente chiamato in questo modo, tanto per non essere tecnici)
– Contratture
– Stiramenti
– Distorsioni
– Fasciti
– Pubalgie
– Tendiniti
– Mal di schiena

Se state leggendo e praticate uno sport, certamente il pensiero è andato al vostro migliore amico, il vostro angelo custode: il fisiosterapista. Che è anche uno psicologo, e voi gli volete bene anche per questo.

Quello che molte persone non sportive mi chiedono, soprattutto adesso che continuo ad essere a riposo stra-forzato, è sempre la stessa cosa: “Ma perché voi altri fate sport se poi avete sempre dolori?” Diamo subito la risposta più importante: non è masochismo.

Bisogna specificare che infortunio è diverso da avere dolori: nella prima categoria viene inserito tutto quello che non risponde allo stimolo nervoso dato da una botta, un piede messo male, un affaticamento muscolare. Un brutto contrasto con un avversario o una sessione di allenamento individuale troppo dura o eccessivamente lunga può portare a traumi e infortuni, che spesso si cronicizzano.

Non conosco uno sportivo a cui non piaccia avere dolori, nel senso più romantico del termine. Naturali reazioni da libri di fisiologia e biochimica a parte, è il modo più bizzarro che il nostro corpo conosce per ringraziarci di averlo portato a un livello superiore.
Nell’indole dell’uomo esiste questo istinto di ricercare continuamente il limite sopportabile. Quante volte dopo 10km di corsa avete sprintato spingendo a tutta, per vedere se lo tenete? Quante volte avete calciato la palla con tutta la vostra forza, oppure siete arrivati al traguardo allo stremo delle forze, senza fiato?
E i dolori e i doloretti sono la conseguenza dell’aver spinto voi stessi al limite, per superarlo. E diventare più forti.

Ricordo quando ero al liceo e ogni mercoledì mattina salire le scale della scuola per arrivare in classe era una missione estrema. Dopo la sessione di allenamento in palestra del martedì avevo le gambe e le braccia così imballate che già alzarmi dal letto o sedermi sul water erano dei traguardi enormi. Eppure mi sentivo bene, nonostante i dolori. Perché erano dolori normali: il corpo mi stava dicendo che era affaticato, ma che stava bene. Bastavano poi le serie di ripetute sui 200m del pomeriggio per azzerare il dolore.

La vera preoccupazione, per uno sportivo, è quando non si avvertono i dolori che si erano preventivati. O peggio, quando arrivano quelli brutti, quelli a fitte che ti comunicano brutte notizie, come contratture o infiammazioni.

Alla fine, avere dolore fortifica lo sportivo e lo gratifica. Con questo non voglio dire che avere dolore è una condizione imprescindibile dello sportivo, come una specie di condanna: la lettura dello sport in questo senso è profondamente sbagliata e non è assolutamente conforme allo spirito genuino che anima lo sport e i suoi praticanti.

Quello che molti non-sportivi non capiscono è come lo sportivo conviva più o meno serenamente con i dolori, come un coinquilino che non paga l’affitto.
Avete presente quegli scacciaspiriti rumorosi che si appendono davanti alle finestre? Suonano piacevolmente quando vengono accarezzati dalla brezza, ma quando giunge il vento della tempesta suonano in maniera forte e impetuosa.
I dolori agiscono allo stesso modo. E nessun sportivo sarebbe più sé stesso senza i suoi.
Il brutto è che ci accorgiamo di quanto ci manchino quando non li sentiamo, perché significa che siamo impossibilitati a fare sport.
E io non vedo l’ora di risentire di nuovo il mio scacciaspiriti muoversi per la brezza, perché sono stanca della tempesta.

PS: un mio amico, Nicola, mi ha segnalato il racconto di Pella sul controllo del dolore di un maratoneta. Inoltre, Nicola mi ha segnalato anche questi libri di Pietro Tabucchi. Dateci un’occhiata anche voi ;)


I’m writing this post on behalf of an entire generation of young-old people. They play sports and usually experience more aches than an old nanny with periarthritis. Professionals or amateurs, beginners or experienced athletes, you won’t find one of those who have never told/complained/wrote about one of the following ailments:

– Lactic acid (commonly called in this way)
– Contractures
– Strains
– Sprains
– Fasciitis
– Osteitis pubis
– Tendinitis
– Backaches

If you’re reading this post and you practice a sport, your thought is surely gone to your best friend, your guardian angel: the physiotherapist. He is also a psychologist, and you love him for this as well.

What many people usually ask me about sports – especially now that I’m still at forced rest – is always the same old story: “Why do you guys play sport if you always got aches?”
Let’s say the most important answer: it is not about masochism.

I have to specify that an injury is quite different from having aches: the first category includes everything that does not respond to nerve stimulus given by a shot, a foot put in a wrong way or a muscle strain, for instance. A tough tackle with an opponent or a too hard or too long individual training session can lead to injuries and accidents, which often become chronic.

I’ve neve met an athlete who does not like to have pain, in the romantic sense of the term of course. Besides natural reactions written on physiology and biochemistry books, this is the most bizarre way our body knows to thank us for having pushed it to the next, higher level.
It’s a kind of human instinct, seeking and chasing our tolerable limit. How many times have you sprinted pushing full-out after 10km of racing, just to see if you can keep it? How many times have you kicked the ball with all your strength? How many times have you arrived at the finish line at the end of your tether, totally out of breath?
The aches and pains are the result of having pushed yourself to the limit to overcome it. And get stronger.

I remember when I was in high school and climbing the stairs of the school to come to class was a great mission, every Wednesday morning. My legs and arms were so packed after the Tuesdays gym training session that getting out of bed or sitting on the bowl were huge targets to reach. But I felt damn good despite the ache. Because the pain was a normal thing: the body was telling me it was tired, but OK. Then the Wednesday afternoon training (2x4x200m) used to clear the pain at all.

The real concern for sportspeople is when they do not feel the aches expected. Or at worse, when they get bad pains, the ones that communicate bad news, such as contractures or inflammation.

After all, having pain strengthens athletes and rewards them. I’m not saying that having pain is an “athlete condition” or state of mind, as a kind of conviction: the reading of the sport in this way is deeply flawed and does not conform to the genuine spirit that inspires sport and sportspeople.

What many people do not understand is how athletes can peacefully (roughly) live with pain, like a flatmate who does not pay the rent.
Do you know those noisy wind chimes hung outside the windows? They play nicely when are caressed by the breeze, but they start ringing so strong and impetuous when when the storm is coming and the wind is getting worse.
The aches/pains act the same way. And no sportspeople would be themselves anymore without them. The bad thing is that we realize how much we miss them when we don’t feel them, because that means that we are unable to play sports.
And I can’t wait to hear again my noisy wind chimes moving by the breeze, because I’m tired of the storm.

Photo credit by Tomer Arazy

24 comments

  1. total support… °\-.-/°
    a proposito…mi sa che quei link sullo yoga di cui mi parlavi (i 5 tibetani, può essere?) potrebbero davvero tornarmi utili: non li farò in acqua (helas! :°( ), ma almeno mi muovo…hai qualcosa da consigliarmi?

    • Ciao Ile, grazie per il support, che non basta mai! :)

      Per i 5 Tibetani, se cerchi su Google trovi molte cose. Io ho comprato il libro di Christopher S. Kilham “I cinque esercizi tibetani” consigliato dal mio fisio, che è piccolino ma molto chiaro nelle spiegazioni di tutto.

      Se vuoi provare qualcosa, questo secondo me è un buon link, tra l’altro c’è anche l’esercizio che faccio io in sostituzione dei tibetani (ancora troppo “forti” per l’infiammazione che ho) per allungare l’ileopsoas che mi fa male – Alternative ( for Rite #4) Exercise #4.
      Ti consiglio questo link proprio perché ci sono delle alternative valide se alcuni esercizi sono difficili o sei impossibilitata a farli.

      Se poi vuoi vedere uno che li fa veloci, guarda questo ragazzo! Io in genere quando faccio i Tibetani dedico massimo una mezz’oretta.

  2. I miei polpacci sono ancora provati dalla splendida corsa (15 km) di ieri. Quando sto bene, sono uno di quelli che “sprintano alla fine dell’allenamento”, per dare tutto quello che hanno, anche se poi avranno anche un po’ di dolori, dopo. Se non lo facessi, non avrei la coscienza a posto. E questa non è incoscienza, sottolineo. Si tratta di allenarsi sempre sotto controllo, di “sentire” il tuo corpo e di allineare mente, corpo e spirito. Questo è veramente appagante e dà soddisfazione.
    Aldo Rock dice che “il dolore è sofferenza che abbandona il nostro corpo”: sicuramente ci aiuta a capire i nostri limiti, ci dà continue lezioni e ci fa diventare persone più mature … non solo nello sport!

    • Ciao Nicola, ribadisco i grazie anche per i link che mi hai consigliato ;)
      Hai toccato un punto a cui tengo moltissimo: la conoscenza del nostro corpo.
      I dolori sono dei campanelli, è il modo del corpo per dialogare con la nostra mente e con noi stessi.

      Lo sport serve anche a questo, perché si impara a conoscerci meglio, e questa conoscenza è un percorso che dovremmo abbandonare mai :)

  3. grazie mille Stef!! domani li provo :)
    ormai gli unici rumori che sento sono il creeeeeeeeeck e i craaaak delle articolazioni: no buono, no bello… :/

    • Ahahah! Basta che inizi a farli gradatamente!
      Poi fammi sapere come va ;)

  4. Io e i dolori articolari e muscolari siamo un po’ come il cioccolato sui broccoli lessi, nel senso che io non sono mai stata una patita dello sport ( e lo sport non mi ha mai davvero amata, ha solo fatto finta). Non parlo quindi da agonista, al massimo da agonizzante. Ho cominciato a praticare fit boxing più per uscire dal circolo vizioso della “mandronia” che non per passione, anche se alla fine mi sono innamorata del sacco. E specialmente ora che ho ripreso dopo lunghi mesi di stop forzato devo ammetterlo: non c’è nulla di più piacevole del doloretto alle chiappe il giorno dopo un’ora di allenamento che sognavi da tempo. Ho provato anche io l’esperienza della fatica muscolare durante il movimento e ho spinto al massimo nonostante la stanchezza, cercando di non mollare e fare sempre di più quando in tempi meno sospetti mi sarei fermata per piagnucolare. E’ proprio vero che lo sport crea dipendenza, e ben vengano i dolori: è il segnale che il tuo fisico si risveglia e si attiva, diventa più forte e ti fa stare decisamente meglio.

    • Grazie, Giovanna, per questo tuo contributo da “drogata” convinta: è proprio vero che quando inizi è difficile smettere.
      Credo che l’acme della poesia tu l’abbia raggiunto con l’accostamento agonista e agonizzante.
      Giannina e il suo mezzo kiwi a cena ti ringraziano per questo.

      • Giannina era una patita del rugby, anche se mascherava i muscoli con mise da Izma de “le follie dell’imperatore”. Benedetto sia il mezzo kiwi.

  5. Per esser stato 2 giorni a sciare la scorsa settimana, sono ancora qui mezzo troncato di dolorini a schiena e gambe. Non ho più l’età :)

    • LOL, support! Per sciogliere i dolori devi ritornare a sciare, chiodo schiaccia chiodo :P

      • A sto punto, con sto caldo, mi sa che è meglio lo sci d’acqua (battuta old but gold) oppure cerco di riprendere ad andare a correre.

          • Ci vuol comunque una grande forza di volontà! :D
            A volte per i dolori, mi garberebbe provare le vasche di ghiaccio che fanno nel rugby…

  6. […] Hiroshi Hoketsu diventa così uno dei più anziani atleti olimpionici di sempre. Sì, so benissimo quello che state pensando: il cavallo è certamente molto più giovane del signor Hoketsu, ma sebbene il cavallo sia parte integrante e fondamentale della coppia, la sua età non conta, per queste classifiche. Credete che sareste in grado di domare un cavallo che fa un esercizio di dressage se aveste 70 anni? Beh, per quanto mi riguarda non credo proprio, visti gli acciacchi e i dolori che ho in questo momento. […]

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