Se lavorate con le parole, la carta stampata, la pubblicità e le immagini, avrete certamente bisogno di un grafico. A meno che voi non siate proprio dei grafici, allora avete bisogno di un copywriter. Il vostro rapporto con i grafici può essere armonioso e felice, oppure potreste non avere un grande feeling con la categoria, ma in ogni caso sapete che esistono e che il vostro lavoro di gruppo – perché è quasi sempre una questione di lavoro di gruppo – ha bisogno di loro, anche perché senza i grafici tutto quello che fate sarebbe mille volte più brutto. E vice versa per loro, ovviamente.
Immaginiamo per un momento che non siate nel mondo della creatività/carta stampata/pubblicità/altro e che il marketing visuale sia solo una perdita di tempo e di denaro. Congratulazioni, sono lieta di identificarvi come l’università italiana! Non l’intera totalità delle università italiane, sia ben chiaro. Solo la stragrande maggioranza. Siete vecchi, praticamente tra le prime università ad essere state fondate nel mondo. In più, pensate che tutti gli ingranaggi e gli strumenti di amministrazione degli atenei debbano rimanere aggiornati al 1088. Non vi interessa di internet, dei nuovi media, dell’evoluzione tecnologica. E della vostra immagine, ovviamente. Tanto siete vecchi e prestigiosi, a che vi serve la cura dell’immagine?
Avere una buona immagine coordinata è il primo principio per attirare nuovi potenziali clienti, e quindi nuovi studenti. Anche i bimbi lo sanno, oggi. Quindi, voi – che vi ricordo state impersonando l’azienda università italiana in questo momento – mi dovete spiegare PERCHÉ presentate al vostro pubblico un evento importantissimo come l’inaugurazione dell’Anno Accademico con un flyer/locandina come la vedete nell’immagine qui sopra. E soprattutto mi dovete spiegare cosa c’era nella vostra testa quando avete deciso che il marketing, il design e la comunicazione non contano nel piatto della vostra bilancia.
Come ha giustamente detto da qualche parte – ma non mi ricordo proprio dove, scusate – il mio collega e amico Angelo Centini, questo non è proprio il modo giusto per promuovere un ateneo prestigioso e pieno di storia. Le vecchie cariatidi che ci sono ancora all’amministrazione delle università pensano ancora che tutti gli affari di marketing, grafica, comunicazione, computer et cetera sono solo roba da nerd.
Ed ecco spiegato in pochi passaggi perché il biglietto da visita delle università italiane fa schifo. Certamente fa ancora più schifo quello rispetto alle offerte formative e didattiche, ma ci stanno lavorando, per livellare il tutto a un livello di schifo equilibrato.
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If you usually work with words, press, advertising and images, you surely need a graphic designer. Unless you are a graphic designer, which means you probably need a copywriter. Your relationship with graphic designers can be harmonious and happy, or you do not have a great feeling with the class. In any case you know they exist and your team work need them, even because your work would be a thousand times worse without them. And vice versa, of course.
Let’s assume that you are not in a creative/press/advertising/other business and you think that graphic marketing is a waste of time and money. Congrats! I’m pleased to introduce you the italian university. Not the entire Italian university, just the most universities my country. You are aged, you were the oldest university in the world, and you think your gears and administration tools must remain at 1088. You don’t care about the internet, the new media, the technological development. And the principles of presenting yourself.
Having a nice corporate image is the first principle to attract potential customers – an therefore students. Even kids know it nowadays.
Then you – remember you are impersonating the Italian university brand – I need you to tell me WHY you are presenting a huge event like the Inauguration of the Academic Year to your audience with the flyer/image above. And mainly what was on your mind when you decided that marketing and design do not count on your scale pan.
As my fellow and friend Angelo wrote somewhere – I don’t remember where, sorry – that’s not the right way to promote a honorable university full of history.
Universities old fogey administrators still think that all these marketing-graphic-design-computer-communication stuffs are for nerds only.
So Italian university’s business card sucks. Definitely worse than didactics and contents, but they are working out to get worse those too.
davvero orribile…. -.-
Infatti. Sarei davvero curiosa di sapere cosa ne pensa Andrea, di questa mia riflessione. :)
gliela farò leggere :) sono sicura che sarebbe d’accordo!
Molto bene, attendo fiduciosa ;)
se leggi il suo post sulla filosofia minimal, nel blog personale, capisci subito cosa ne pensa…il problema è che non si investe più nell’immagine perché lo si ritiene un costo sacrificabile: niente di più sbagliato, in tutti i settori! se colossi industriali che riconosciamo subito dal logo, sono ciò che sono, è proprio perché hanno investito sulla loro immagine…a questo proposito, ricordami di inoltrarti la mail di presentazione dei nuovi master dell’università di ferrara: ti stupirà quanto anche da noi si investa in termini di immagine… -.-
Esatto, avete centrato il mio punto. Purtroppo le cose più sacrificabili spesso non vengono riconosciute come tali e si perde in cose importanti come queste. :(
questo articolo è per me un invito, un invito a parlare di grafici e di creatività rapportati al panorama italiano che ci circonda. per farlo prenderò in prestito le parole di claudia neri di teikna design (qui trovate l’articolo per intero http://nuvola.corriere.it/2012/01/11/il-graphic-designer-questo-sconosciuto-anche-a-milano/) che due giorni fa cercai di divulgare in ogni modo possibile e che oggi continuo a fare… eccovene uno stralcio:
aspetto fondamentale è l’ignoranza dei clienti italiani per ciò che riguarda il design, la creatività, il nostro mestiere: da una parte, l’italia è nota per il gusto estetico e l’amore per il bello (l’arte, la moda); dall’altra, sono pochissimi i clienti italiani pronti ad investire in qualità, innovazione e risultati in termini di design;
combattiamo una guerra tra poveri, dove l’ignoranza di tutti gli aspetti tecnici e concettuali propri del designer genera una naturale diffidenza nei nostri confronti: se non siamo famosi, allora vendiamo aria fritta. dove il designer, che costruisce identità, brand vision, linee guida per la marca, è visto più come uno “che fa i siti”, o che al massimo “fa la pubblicità”. c’è confusione: chi fa cosa? e cosa è importante per la mia azienda?
manca una leadership – culturale e professionale – che guidi il paese verso un design intelligente, strutturato, importante e riconosciuto. mancano i clienti coraggiosi e consapevoli, pronti ad investire davvero. il risultato è che spesso gli stessi designer si adeguano alle prospettive al ribasso, banalizzando la propria offerta sia in termini economici che, soprattutto, di qualità: in un circolo vizioso che è destinato, purtroppo, solo a peggiorare.
chiedo scusa ad eraniapinnera dell’abuso di spazio ma mai occasione fu propizia…
Ciao Andrea, ma no, ma che abuso di spazio, ma scherzi?
Il tuo contributo è molto importante perché viene da un grafico, e riporti la testimonianza preziosa e preoccupante di chi nella grafica ci nuota da anni. Purtroppo il problema che affligge il design può essere applicato a ogni branca della creatività italiana, e il paradosso che hai riportato è il sintomo più grave di questa triste situazione.