Vittoria e sconfitta a Londra 2012: dov’è finito lo Spirito Olimpico? / Win and defeat at the Olympics, where is the Olympic Spirit?

Il successo strepitoso dell’articolo polemico sullo Judo di Lorenzo Luilli è stato più che meritato. Un successo così folgorante che mentre io chiedevo a Lorenzo di scrivere un altro pezzo olimpico, lui l’aveva già scritto. E mentre pensavo a un pezzo sulle prime somme tirate dopo una settimana di Londra 2012, lui l’aveva già scritto. Insomma, se non scrivesse sul Daily Pinner, Lorenzo sarebbe un pericoloso competitor! Anche questo contributo è al vetriolo, per cui zuccherate il vostro tè freddo e buona lettura! 

If you can meet with Triumph and Disaster / And treat those two impostors just the same…”
Una settimana di Olimpiadi è trascorsa, e le parole di Rudyard Kipling – incise sulla porta del campo centrale di Wimbledon – mi sembrano sempre più disattese.
Sin da quando ero bambino le parole “Calma olimpica” hanno risuonato nella mia testa, così come “Dignità nella vittoria come nella sconfitta”, e in ogni competizione a cui ho preso parte ho sempre cercato di attenermici il più strettamente possibile. Intendiamoci: io perdevo molto, anzi moltissimo, salvo rare eccezioni (sono anche arrivato primo, una volta). Ero il classico “cliente” che tutti avrebbero voluto incontrare; eppure, non ho mai fatto sceneggiate, non ho mai accusato l’arbitro di avermi rubato l’incontro, mi sono sempre congratulato coi miei avversari e, cosa più importante di tutte, le poche volte in cui ho vinto non ho mai mosso un muscolo più del necessario: dentro di me immediatamente scattava una specie di “pietà” per lo sconfitto, che mi rendeva impossibile festeggiare in maniera vistosa, proprio per non aggravare la sua già cocente delusione.

Tutto il contrario avviene ora ai Giochi: salvo rarissime eccezioni (quasi tutte rappresentate da asiatici, nello specifico in maggioranza Cinesi e Giapponesi) la calma olimpica non si sa nemmeno dove stia di casa, e sì che la buona Elisabetta ne aveva dato una dimostrazione smagliante la sera dell’inaugurazione!
Balletti, urla sguaiate, pantomime, gestacci (e qui è quando si vince) si ripetono ad ogni vittoria, e spiace dire che il clan Azzurro è uno dei massimi rappresentanti in questa particolare e indegna disciplina.

Così come non ci sappiamo trattenere dall’applaudire quando l’aereo atterra – sotto gli occhi commiseranti di tutti gli altri passeggeri – non riusciamo a confinare la nostra “mediterraneità” (leggi: cafonaggine) e ci lanciamo in spettacoli piuttosto discutibili che, a mio modestissimo parere, rovinano gli splendidi gesti atletici appena messi in mostra. Come ho detto, non siamo i soli, purtroppo: anzi, siamo sempre più in compagnia, ma non per questo la cosa mi fa meno male.

Non ho nulla contro i festeggiamenti, purché siano fatti lontano dalle telecamere e dalle macchine fotografiche, oltre che dagli occhi e dalle orecchie degli avversari sconfitti.
Il tutto, ça va sans dire, si riflette nelle parole dei nostri giornalisti: se vinciamo siamo dei leoni, dei mostri, degli dei; se perdiamo allora l’arbitro ci ha sfavorito, e se no è stata colpa del clima, degli avversari troppo muscolosi, del caldo, della sete, della mancanza di sonno, della bandiera, delle cavallette…. l’importante è non sia stata colpa nostra!
Gli altri sono robot, automi insensibili al caldo o al freddo, non hanno sentimenti, non conoscono la paura, non hanno sfighe familiari e storie lacrimevoli da portare alla ribalta. Sono lì: freddi come pezzi di ghiaccio, impietosi, brutti, sporchi e cattivi… ma perché?

Nobiltà nella vittoria e nella sconfitta, signore e signori. Solo così sarete degli Atleti, e sarete ricordati come tali.


The impressive success of Lorenzo Luilli’s polemical article about Judo was well deserved. A success so brilliant that when I asked Lorenzo to write another blog about the Olympics, he had already written it. While I was thinking about a blog about the first Olympic week at London in 2012, he had already written it. In a nutshell, if he didn’t write on Daily Pinner, Lorenzo would be such a dangerous competitor! Since the following post is pretty caustic, do sweet well your ice tea and enjoy it!

If you can meet with Triumph and Disaster / And treat those two impostors just the same…”
Olympic Games are already on by a week and yet Kipling’s words – written on the passage leading to Wimbledon’s central court, by the way – seem to me more and more unheeded.
Words like “Olympic peace” as well as “Be gracious in victory and dignified in defeat” have sounded in my mind since I was a kid. Every competition I entered I tried hard to stick to them as much as I could. Let’s make it clear: I used to loose a lot, almost always, except from very rare occasions (I even won a tournament, once). I was the classic “client” that every athlete dreams to meet, nevertheless I never went mad, put the blame on the referee for stealing me the match, I always congratulated to my opponents and – most importantly – the very few times I won I never twitched: actually a sense of pity for the loser used to rise inside me, making me impossible to celebrate too showy, just not to to make my opponents’ burden delusion worse than it already could be.

That is exactly the opposite behave I’m watching at the Games: if we not consider some very rare cases (which are almost always represented by Asians, Chineses and Japaneses at most) the Olympic peace is lost for good, even though Her Majesty the Queen demonstrated it more than perfectly at the opening ceremony!
Ballets, crazy yelling, dumb shows, bad gestures are performed at every victory, and I’m sorry to say that the Italian team is leading this spacial and indecent discipline.

Just as we can not avoid to clap at the landing moment on a plane – even though all the other passengers are looking pityfully at us – we Italians are not able to minimize our “mediterraneanity” (i.e. grossness) and we offer terrible shows that put all the beautiful  performances in the shadows. As I sad, we are not alone, but the fact that Italy is not the only Country which behaves this way doesn’t alleviate my feelings.

I have nothing against celebrating, if it happens away from cameras and losers’ ears and eyes. And it perfectly reflect our journalists way of write and tell stories and news: if we win we are lions, monsters, gods; if we loose it’s because of the referee or the climate, the heat, the lack of sleeping, the grasshoppers, or our contestants were too muscled… the important is that it was not our fault!
The others are robots, machines hardened to heat or cold. They got no feelings at all, are fearless, they have no sad stories to tell and are not dogged by misfortune, they are cold as ice, unmerciful, dirty, bad and ugly… But why has it to be so?

Nobility in victory and defeat, ladies and gentlemen. That’s the only way you will be athletes, and you will be forever remembered.

8 comments

  1. Forse troppi anni di programmi e reality TV che hanno elogiato e premiato proprio la caffonaggine spacciandola per spontaneità hanno reso troppo seria e noiosa la Calma Olimpica.
    Se ciononostante uno, dopo aver vinto o perso, rimane troppo freddo spesso è proprio il giornalista ad incitarlo a scodellare per gli spettatori un po’ di ‘spettacolo’.
    Se poi, una volta mollate le dighe dell’emozione e dell’educazione, lo spettacolo diventa esagerato tanto meglio: fa salire lo share!

    Catia

  2. Caro Lorenzo,

    più che le esplosioni di gioia per una medaglia, che spesso sono valvola di sfogo di tutti i sacrifici fatti per arrivare sul podio di Olimpia e comunque specchio del proprio carattere, trovo fastidiosi oltre ogni limite le esultanze durante la gara, spesso finalizzate a influenzare il giudizio arbitrale. E sì, mi riferisco soprattutto alla scherma, che ad ogni assalto propone spettacoli da far sembrare il calcio una disciplina da asceti. Senza distinzione alcuna di nazionalità, s’intende.

    • Anche io l’avevo osservato, Ale.
      Ma non può essere, quello, che la presenza di una maschera possa in un certo senso esagerare anche le gestualità e tutto quello che esula dalla mimica facciale?

      • Est modus in rebus. dicevano gli avi…e comunque cito il duo Sanzo-Bianchedi, che durante le telecronache hanno più volte spiegato che certi atteggiamenti vengono insegnati come parte integrante della tecnica dell’atleta. Aggiungo uno spunto di riflessione: dalla ricostruzione arbitrale siamo arrivati alla videoanalisi, con tanto di possibilità di richiesta della moviola da parte degli atleti, e non mi pare che questo abbia placato le polemiche. O la tecnologia non è così fondamentale come si dice, o la contestazione è una questione di DNA…

        • concordo con te al 100%…
          proprio la scherma, che ha ascendenze così nobili (e i cui praticanti spesso se la tirano parecchio….) con tutte queste urla, pugnetti, esultanze, tammurriate e tarantelle mi sta diventando insopportabile, peccato, perché è un bellissimo sport :-(

          se può consolare trovo altrettanto spiacevole le sceneggiate e le urla messe in piedi durante gli incontri di kendo (la scherma giapponese), dove anche lì se non urli come un indemoniato quasi non ti danno il punto; se non altro, almeno, alla proclamazione del vincitore si ritorna ad avere un comportamento degno dei samurai…

          • Le urla del Kendo?
            Una mia amica infermiera che aveva lavorato in un reparto psichiatrico, le paragonava a quelle delle terapie di gruppo…

  3. E tanto per restare sul pezzo, prendere esempio da Andy Murray, che pure avrebbe avuto tutti i motivi per concedersi gesti che nemmeno Pippo Inzaghi.

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